Utili società intermedie

Utili delle società intermedie comunitarie tassati nel limite del 5%

Con la risoluzione n. 144 pubblicata ieri, 22 novembre 2017, l’Agenzia delle Entrate ha nuovamente analizzato il tema dei dividendi distribuiti alla capogruppo italiana da parte della controllata diretta comunitaria, ma che si sono formati in capo a controllate di secondo livello a regime fiscale privilegiato.

La conclusione dell’Agenzia delle Entrate conferma, nella sostanza, quella a suo tempo raggiunta con la circolare n. 51 del 6 ottobre 2010, secondo cui:

– si presumono distribuiti prioritariamente al socio italiano gli utili formatisi in capo alle società di secondo livello a regime fiscale privilegiato;

– è, però, possibile utilizzare altri criteri, dietro adeguato supporto documentale che attesti i flussi di provenienza degli utili.

Il medesimo principio è stato, tra l’altro, adottato dalla giurisprudenza di merito con la sentenza della C.T. Prov. di Novara n. 145 del 6 luglio 2017.

La problematica riguarda situazioni che ricorrono con frequenza nei gruppi societari, in cui occorre sempre valutare se esistono dividendi che provengono da controllate indirette a regime fiscale privilegiato, e che sono quindi tassati in Italia in modo integrale, e non limitatamente al 5% del relativo ammontare, a norma dell’art. 89 comma 3 del TUIR.

Nel caso esaminato dalla risoluzione, la catena vedeva una subholding olandese con stabile organizzazione in Svizzera, poi ceduta ad un’altra controllata olandese. Le riserve della subholding olandese erano, quindi, formate da due “strati”, il primo (pari a circa 105 milioni di euro) riconducibile alla branch svizzera e il secondo (pari a circa 66 milioni di euro), successivo alla cessione della branch, che se distribuiti alla capogruppo italiana avrebbero determinato rispettivamente una tassazione integrale, o limitata al 5%.

Nel 2016, la controllata di secondo livello olandese ha distribuito un dividendo di 20 milioni alla subholding; quest’ultima, a sua volta, ha distribuito un dividendo di uguale ammontare alla capogruppo italiana, la quale lo ha tassato nel limite del 5%, considerando quindi che queste somme siano state prioritariamente attinte dalla parte delle riserve della subholding che avevano scontato integrale tassazione.

Come in precedenza evidenziato, l’Agenzia delle Entrate ha accolto l’impostazione adottata dalla società, precisando però meglio le modalità a seguito delle quali è possibile dimostrare la provenienza dei dividendi.

Viene, in primo luogo, confermato che la norma dell’art. 89 comma 3 del TUIR non pone alcun principio di carattere generale che preveda la distribuzione prioritaria degli utili tassati, piuttosto che degli utili che si sono formati in uno Stato a regime fiscale privilegiato, né tanto meno un’attribuzione proporzionale.

Le ragioni delle società che intendono “svuotare” prioritariamente il canestro dei dividendi non formatisi in Stati a regime fiscale privilegiato devono essere sostenute da una puntuale documentazione che attesti la provenienza di tutti gli utili nei vari passaggi della catena societaria.

 

Precisato come si può dimostrare la provenienza dei dividendi

Rispetto a questa indicazione, come detto già presente nella circolare n. 51/2010, la risoluzione n. 144/2017 meglio precisa il principio per cui la ricostruzione dei flussi deve riguardare “sia la formazione della provvista patrimoniale da cui i dividendi vengono attinti, sia la consumazione della stessa in occasione della distribuzione”; di fatto, occorrerebbe:
ricostruire in modo analitico la stratificazione fiscale del patrimonio netto della subholding, dimostrando quale parte delle sue riserve è stata alimentata da dividendi formatisi con utili prodotti in Stati a fiscalità ordinaria e quale da dividendi formatisi con utili prodotti in Stati a fiscalità privilegiata;
dimostrare che, all’atto della deliberazione di distribuzione della subholding, il canestro da cui si è attinto è quello relativo ai primi, e non ai secondi.

Nel caso esaminato dalla risoluzione, il problema si è verificato nel primo passaggio, in quanto la stratificazione fiscale del patrimonio netto della subholding non è avvenuta solo con la documentazione prodotta dalla capogruppo, ma in sede di accertamento con adesione.

Per quanto riguarda invece il secondo aspetto, è stato invece considerato positivamente il fatto che non tanto la subholding, quanto piuttosto la controllata di secondo livello, avesse specificato nella propria delibera di distribuzione alla subholding che i 20 milioni erano stati attinti dai dividendi tassati; pur non essendo specificato dalla risoluzione, appare quanto mai opportuno, se non necessario, effettuare una specificazione di tenore analogo nella delibera di distribuzione dei dividendi dalla subholding alla capogruppo italiana.

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