IVA e abuso di diritto

Divieto di abuso del diritto per l’IVA

Nella sentenza del 23/11/2017, relativa alla causa C-251/16, la Corte di Giustizia Ue analizza le operazioni poste in essere da alcune persone fisiche su degli immobili situati in Irlanda. Più nel dettaglio, i soggetti in questione erano comproprietari di un’area di sviluppo sulla quale sono state realizzate case per vacanze destinate alla vendita.

Prima della cessione, le stesse sono state concesse in locazione ad una società facente capo agli stessi soggetti, attraverso la stipula di due diversi contratti: una locazione di durata di venti anni e un mese su parte degli immobili realizzati (c.d. “locazione di lunga durata”) e un contratto di locazione con retrolocazione da parte della società degli stessi beni ai proprietari, avente una durata di due anni.

Dopo un mese dalla relativa stipula, entrambi i contratti vengono estinti per rinuncia, con la conseguenza che i proprietari ritornano nella piena disponibilità dei beni che vengono quindi alienati a terzi. Tali vendite sono state assoggettate ad IVA in quanto i beni immobili avevano formato in precedenza oggetto di una cessione soggetta ad IVA nell’ambito della locazione a lunga durata.

L’Amministrazione fiscale irlandese ha richiesto l’applicazione dell’IVA sulle vendite in oggetto, ritenendo che, costituendo i contratti di locazione una prima cessione “artificiosamente creata al fine di evitare l’assoggettamento delle vendite successive”, non andavano considerati. Questo in applicazione dei principi stabiliti nella sentenza Halifax (relativa alla causa C-255/02) che stabiliscono che la stipula di contratti non aventi alcun contenuto commerciale, conclusi solo al fine di ridurre l’IVA dovuta sulle vendite degli immobili, è da considerarsi pratica abusiva.
Tali principi non sono stati tuttavia espressamente recepiti nell’ordinamento irlandese tramite una specifica normativa.

Viene pertanto richiesto alla Corte di Giustizia Ue di esprimersi circa il fatto che il principio dell’abuso del diritto (come previsto nella sentenza Halifax) possa essere direttamente applicato nei confronti di un singolo anche in assenza di un apposito provvedimento nazionale attuativo di tale principio e anche ad operazioni poste in essere anteriormente alla sua emanazione, alla luce dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento dei contribuenti.

La Corte in primis chiarisce che il principio dell’abuso del diritto applicato all’IVA alla luce dei principi sanciti dalla sentenza Halifax non è una norma stabilita in una direttiva ma trova il proprio fondamento nella costante giurisprudenza comunitaria, e poi afferma che tale principio è applicabile anche in assenza di una sua trasposizione nel diritto nazionale. Lo stesso ha, infatti, carattere generale, per natura inerente ai principi generali del diritto dell’Unione europea. Ne consegue che può essere applicato nei confronti di un soggetto passivo per negargli il diritto all’esenzione dell’IVA (come nel caso analizzato), anche in assenza di disposizioni nazionali che prevedano tale diniego.

Principio da applicare anche a rapporti sorti prima della sentenza Halifax

La Corte ha parimenti statuito che tale diretta applicazione non contrasta neppure con i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, in quanto l’interpretazione che la Corte dà del diritto dell’Unione chiarisce il significato e la portata di tale diritto nel senso in cui lo stesso avrebbe dovuto essere applicato sin dalla sua entrata in vigore. Ne consegue che il diritto dell’Unione, così interpretato, deve essere applicato anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che li sancisce.

Qualora, pertanto, venga accertata la presenza di pratiche abusive, le autorità nazionali dovranno procedere ad applicare la normativa IVA nazionale alle operazioni interessate senza considerare quelle che costituiscono una pratica abusiva.

Parimenti, spetta al giudice nazionale verificare, sulla base delle norme nazionali, se sussistono gli elementi costitutivi di una pratica abusiva ossia se l’ottenimento di un vantaggio fiscale è lo scopo essenziale perseguito nel porre in essere una determinata operazione, prendendo in considerazione, ad esempio, il suo carattere puramente fittizio, i nessi giuridici, economici e/o personali tra gli operatori coinvolti. Alla luce di tali considerazioni, la Corte conclude che nel caso di specie, i contratti di locazione non avevano alcun contenuto commerciale e sono stati stipulati solo per ridurre l’assoggettamento ad IVA delle vendite successive di beni immobili.

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